• Home
  • About

un altro nordest

~ Non siamo più la terra di #Schei

Archivi tag: start up

Nasce e cresce a Nordest la nuova “Uber” del cibo di qualità

03 giovedì Dic 2015

Posted by vallineleonora in Casi d'impresa, Uncategorized

≈ Lascia un commento

Tag

food, foodracers, start up, uber

09_FoodRacer_Consegna_bassa.jpgVASCON DI CARBONERA (TV). E’ già stata ribatezzata la “Uber del cibo”. L’idea è di un’azienda trevigiana che di fatto è una start up. Si chiama Foodracers ed è nata a maggio 2015 a Vascon di Carbonera, in provincia di Treviso, dalla mente di Andrea Carturan (che ha già all’attivo un’altra azienda di nome Te-le-trasporto) e di due suoi amici che si chiamano Matteo Fabbrini e Francesco Poloniato, fondatori di Maikii che è l’azienda leader nel settore dell’elettronica di consumo.

Foodracers è una nuova piattaforma online che mette in relazione l’utente che vuole ricevere a casa o in ufficio i piatti del proprio ristorante preferito con una rete di Racers, persone selezionate a livello nazionale, che si rendono disponibili per effettuare il servizio di consegna. Foodracers mira a creare un’offerta di alta qualità per il cittadino che finalmente potrà ricevere a casa i piatti dei ristoranti più rinomati della sua città, non solo “junk food”.

Partita qualche settimana fa, è già attiva in Veneto su Treviso, Mestre, Rovigo, Vicenza, Udine, Trieste, Ferrara, Pavia, Bologna, Parma, Reggio Emilia. Il 3 dicembre è partita anche Padova ma altre tre città sono in arrivo entro l’anno.

Leggi l’intero articolo su Nordesteconomia. Copyright Gruppo Espresso

Annunci

Nasce Hopstok e il magazzino si smaltisce via web

30 lunedì Nov 2015

Posted by vallineleonora in Casi d'impresa, Uncategorized

≈ Lascia un commento

Tag

ecommerce, h-farm, hfarm, hopstok, moda, rimanenze, start up, web

Dal 1 dicembre sarà online Hopstok, la soluzione ai principali problemi del settore moda: il riassortimento della merce e lo smaltimento del magazzino. Finalmente non solo le grandi catene monomarca, ma anche i negozi multimarca indipendenti potranno vendere merce o effettuare acquisti da altri commercianti in maniera semplice e immediata evitando le giacenze nel proprio negozio e incrementando le vendite. Sulla piattaforma infatti si possono effettuare scambi e compravendite a prezzo di costo: sta al negoziante inserire  il prezzo di vendita e di modificarlo in corso d’opera in base alle proprie necessità.

I fondatori Luca Vannucci e Giulia Ruggi

Hopstok è una start up nata dall’esperienza lavorativa del lucchese Luca Vannucci, co-founder, in un negozio di abbigliamento multimarca dove la merce invenduta veniva movimentata con altri negozi attraverso conversazioni telefoniche. Da qui  l’idea, condivisa con la futura co-founder Giulia Ruggi, di movimentare il magazzino ed effettuare riassortimenti attraverso una piattaforma web. I due ragazzi sono stati selezionati per partecipare al programma di accelerazione H-Camp, di H-Farm e lì hanno iniziato a sviluppare l’idea.

Oggi il team è composto da 8 persone, under 35 anni, e il servizio è in partenza per i negozi del mondo streetwear, abbigliamento e calzature, per aprirsi in un secondo momento ad altre tipologie di negozi sempre del settore fashion.

Solo in Italia sono presenti circa 140 mila punti vendita multimarca indipendenti di abbigliamento, che ogni anno hanno merce invenduta per 4 miliardi di euro. Mentre a livello globale, ogni anno, la merce invenduta nel settore moda vale circa 240 miliardi di dollari. L’invenduto va a pesare il 20% in media sul fatturato di un negozio, e l’impossibilità di pronto riassortimento causa il 30% di mancate vendite.

Leggi l’articolo intero su Nordesteconomia – Copyright Gruppo Espresso

 

Hfarm si prepara alla sbarco in Borsa. Donadon: «Per azionisti cerco gente comune»

30 giovedì Apr 2015

Posted by vallineleonora in News

≈ Lascia un commento

Tag

aim, borsa, ca tron, digital accademia, digitale, h-farm, itc, renzo rosso, riccardo donadon, start up, talenti, tel aviv

unnamed-7

H-farm si prepara allo sbarco sull’Aim, il mercato alternativo per le Pmi. Il percorso è stato avviato quattro mesi fa e potrebbe concretizzarsi in estate. L’advisor è in definizione e il piano industriale al 2020, che spiegherà agli investitori perché scommettere sull’incubatore di Ca’ Tron, è in arrivo a settimane. Di certo, oggi, c’è il percorso di trasformazione e diversificazione della ‘fattoria digitale’ lanciata da Riccardo Donadon e Maurizio Rossi nel 2005 (oggi al 30% del capitale) che negli anni è stata sostenuta da importanti azionisti come Renzo Rosso (che con la sua Red Circle ha il 16%), Luca e Stefano Marzotto al 5,72%, Cattolica assicurazioni al 4,5%, Francesco Dalla Rovere (l’imprenditore di Sinv) al 4%, Veneto Sviluppo al 3,6% e l’imprenditore Giuseppe Miroglio al 12%. «Un gruppo di soci straordinari – spiega Donadon – che non avrebbero problemi a sostenere un aumento di capitale». E di fatti sono appena stati riversati 10 milioni. Ma, aggiunge Donadon, «noi ci stiamo muovendo su un mercato mondiale e ci confrontiamo con partner che ci chiedono di essere misurabili. Andare in Borsa ci dà credibilità: ci rende pensabili internazionalmente». Quanto varrà H-farm? «Sarà il mercato a dirlo – aggiunge – ma se i numeri andranno bene possiamo spostarci di segmento o andare all’estero. Per ora sarà solo un aumento di capitale, vorremmo portare a casa 30 milioni». H-farm oggi fattura 8,5 milioni, poca cosa per il mercato dei titoli ma «non ci spaventa perché da sempre abbiamo avuto rigore: i bilanci sono già certificati, la struttura è pronta». Ci sarà uno zoccolo di investitori istituzionali, perlopiù stranieri, ma Donadon cerca l’azionariato diffuso: «Hfarm è un tema anche sociale: mi piace l’idea di avere tra gli azionisti anche persone anche non finanziarie, significa andare controtendenza ed essere ottimisti. Mi piacerebbe ci credessero anche i giovani, ragazzi che si possano innamorare di altri ragazzi che generano dei modelli positivi».

Ecco dunque le tappe: irrobustimento della società per riportare a casa i cervelli espatriati, poi focus su tre segmenti per un profilo più ampio non solo ‘incubatore’. «Abbiamo capito – spiega – che cercare gli exit per monetizzare, ti fa vendere realtà non mature, metteremo così le start up in una dimensione di tranquillo sviluppo e affiancheremo due business a sostegno». H-farm consoliderà dunque alcune realtà (tra le start up incubate) per erogare servizi alle aziende. Mentre l’Accademia, che chiuderà il 2015 a 5 milioni di fatturato, diverrà polo di formazione per giovani e aziende a livello internazionale. E’ già in partenza il settimo master con l’Università di Tel Aviv.

Copyright – Mattino di Padova

Una ‘nuvola’ da Piazzola sul Brenta… si dirige verso Londra

15 lunedì Set 2014

Posted by vallineleonora in Casi d'impresa

≈ Lascia un commento

Tag

autogrill, canon, cloud, coin, eataly, giovani, Ict, innogest, maserati, meneghello, newvision, padova, start up, usa

«Le banche? Ci abbiamo lavorato in modo tradizionale per pagamenti di fatture e altre quotidianità ma per tutto il resto non è stato facile. Non è semplice aprire un’azienda come la nostra in Italia. Qui non è come negli USA, dove c’è un sistema virtuoso che alimenta le aziende. Quando entravamo in filiale ci dicevano che facevamo aria fritta». Nicola Meneghello ha 36 anni, ma ha fondato la sua start up a 22. Non è «nato con la camicia» ironizza, ma ha chiuso il maggiore round di venture capital dell’anno in Italia. Un pool di investitori guidato da Innogest Sgr ha puntato 6,3 milioni sullo sviluppo della sua New Vision, azienda di Piazzola sul Brenta che «rende intelligenti i contenuti digitali e ne semplifica la gestione». Attraverso un aumento di capitale sono entrati nell’equity facilitando nuovi investimenti esteri.

NEW-VISION21

New Vision si è sempre mossa sul mercato italiano con clienti del calibro di Eataly, Maserati, MSC Crociere, Canon, Coin, Rtl 102.5, Autogrill. Dal 2010 ha però messo a punto 4Me, una piattaforma per centralizzare e controllare sulla nuvola tutti i contenuti aziendali. Ed è pronta per venderla all’estero. Tra i nuovi azionisti, a fianco di Innogest, anche il digital accelerator italiano Withfounders e Centerboard Partners, società di advisory con sede a Londra specializzata in ICT. E sarà proprio Londra la nuova meta per un secondo ufficio che affiancherà Milano. A Piazzola resterà ben radicato invece un team di 50 giovani (età media 29 anni) che lavorano a pochi passi da Villa Contarini.

Copyright – Il Mattino di Padova – riproduzione vietata

Due veneti a Dublino emozionano i like di Facebook

27 mercoledì Nov 2013

Posted by vallineleonora in Casi d'impresa

≈ 1 Commento

Tag

canaletto, coop, dublino, facebook, intel, irlanda, start up, venezia

Nicola Farronato è di Bassano del Grappa, ha 36 anni e nella sua vita si è sempre occupato di marketing per diverse aziende italiane, girando il mondo. Paolo Panizza, è invece, un ingegnere elettronico di 50 anni. Entrambi hanno un background manifatturiero. Nel 2010 erano due professionisti del made in Italy in un Bel Paese non ancora piegato dalla crisi: uno a partita Iva, l’altro con il posto fisso. Eppure hanno deciso di far nascere la propria start up a Dublino, nell’anno in cui la Troika è entrata con un grosso prestito anti-default. In quell’anno l’Irlanda cadde in un vortice recessivo senza precedenti, tanto da portare il deficit pubblico, al 31% del Pil. «Siamo emigrati qui per una serie di motivi – spiega Farronato (nella foto con il team) – il primo è che collaboravo a un progetto per Intel il cui epicentro era proprio a Dublino. Poi, ho partecipato a due road show, uno in Italia e un secondo in Irlanda per cercare business angel e incubatori e in Italia non abbiamo trovato interlocutori. In Irlanda sì. Oggi le situazioni tra i due Paesi sono ribaltate: l’Irlanda è epicentro di imprese innovative, primo in Europa per deregulation burocratica e creazione di start up senza capitale sociale; ci sono molti supporti top-down e bottom up, tanti programmi di accelerazione e incubatori. Qui, grazie al venture capital c’è la possibilità di sopravvivere e passare la valle della morte che sono i 36 mesi di incubazione».

19130_201_medium (1)

Ciò che Farronato e Panizza hanno creato è un piccolo gioiellino contemporaneo. In due parole: «Noi facciamo marketing interattivo – spiega l’imprenditore – incrociando psicologia-marketing e semantic web». I Pc ma anche i nuovi social, come Facebook, usano il sistema binario basato su 1-0. Uno significa: «mi piace». Zero: «non mi piace». I famosi «like», per intenderci. La nuova sfida è ora l’evoluzione di questo sistema, ovvero dire: quanto ti piace? Quindi, costruire una scala, ipotizziamo da 1 a 5, su quell’1 con informazioni più significative a parità di sforzo. Ovvero: un clic o tap. Insomma: «Un commento emozionale in tempo reale via Ipad – spiega Farronato – Siamo nel campo dei big data semantica e dei nuovi modi di fare ricerche di mercato su web, con contenuti su misura, in tempo reale».

«Dopo le sette sorelle del petrolio ora abbiamo le sette sorelle del digitale – continua – Siamo in un mercato ad altissima competitività che vale fanta miliardi di dollari ma abbiamo creato una nicchia. Nel 2012 si sono toccati i 40 miliardi di dollari: tanto vale la spesa in ricerche di mercato, promozione e comunicazione online (fonte Esomar)».

E pensare che tutto questo nel 2010 era solo un’idea su un pezzo di carta che non ha trovato finanziatori in Italia. Oggi b.sma@rk è un’azienda che vende un’applicazione emozionale a forma di fiore con molti emoticons che si chiama MySmark. «In Irlanda siamo subito entrati nel National digital research center che lavora su progetti digitali ad alto potenziale perché l’Irlanda è il più grande esportatore di IT nei Paesi OCSE.  Abbiamo ricevuto una serie di investimenti soprattutto per la ricerca. Oggi Mysmark cattura dati di qualità da un utente-contenuto o cliente-fornitore in tempo reale. Questo permette di targhetizzare le campagne sulla base degli utenti, lavorando su un tema nuovo, che non ha un player dominante, quindi grandi opportunità: e noi portiamo online la soggettività di ciascuno».

Tra i clienti: Coop Italia, Intesa San Paolo e alcune cantine di vino. Non solo: B.sm@rk ha monitorato le elezioni presidenziali irlandesi del 2010 e sta lavorando con un’università marchigiana sui feedback al docente in real time. Il 9 novembre sono stati a Venezia  in occasione dell’esclusiva esposizione di uno dei più famosi dipinti del Canaletto, L’entrata nel Canal Grande dalla Basilica della Salute. MySmark ha combinato tecnologia e arte per dare al visitatore un’esperienza interattiva.

L’azienda oggi è «distribuita internazionalmente»: il team è composto da cinque persone più varie collaborazioni. C’è in programma di aprire una base italiana per il mercato nostrano, «magari di base in Veneto – dice Farronato – per ottima ricaduta occupazionale che può portare questo business che ha enormi opportunità». Quanto ai conti, avendo appena concluso la fase di investimenti e ricerca, Farronato dice: «Puntiamo al break even nel 2014. Ora stiamo cercando partner per consolidare la rete vendita».
@eleonoravallin – copyright @veneziepost

Da consumatore (passivo) a produttore (creativo)

03 giovedì Ott 2013

Posted by vallineleonora in suggestioni

≈ 1 Commento

Tag

artigiani, bonotto, calabresi, gauntlett, hepburn, makers, start up, thefab, unco', Verona

David Gauntlett, britannico autore del bestseller Making is connecting, propone un cambiamento culturale dal consumismo passivo alla produttività attiva. Il senso è: non rimanere plagiati ma creare da soli una propria visione del mondo.

Ieri parlavo con un collega che giustamente mi faceva notare come talvolta sia meglio essere dalla parte dei pochi che dei tanti. Perché ci si distingue, si è diversi. E spesso i pochi sono avanguardia.

Perché queste riflessioni? A Verona, dove vivo da qualche mese oramai, sto notando un generale movimento di giovani che hanno buone idee innovative e sono produttori attivi di una nuova mentalità imprenditoriale. Esperienze embrionali, d’accordo. Ma esistono e fatturano. In queste colonne del blog ho già citato il caso del Canarin, spazio dismesso nel comune che oggi ospita giovani e imprese del manifatturiero come www.reverselab.it.

Sì, perché nonostante Francesco Giavazzi sostenga che anche l’Italia deve riuscire a produrre un Iphone per competere con le economie avanzate, il buon Giovanni Bonotto che ha fatto della sua fabbrica lenta di Molvena un ‘must’, ricorda a tutti che noi siamo figli di Giotto e non di Bill Gates. Quindi? Investiamo nella cultura e nel saper fare.

Torniamo a Verona. Oggi volevo raccontarvi il caso di Lino’s Type. Lino è un tipografo in pensione con tanto di laboratorio e macchinari, ovvero Linotype. I giornalisti le conoscono bene, ma non solo. La storia è piena di anonimi ma fondamentali ‘pianisti’ che hanno contributo alla stampa dei quotidiani. Ebbene oggi Lino’s type (http://www.linostype.com/) è un’azienda grazie a giovani 26enni, senza lavoro, che hanno deciso con umiltà e pazienza di imparare un’antico mestiere ma di essere produttori attivi loro stessi, innovando. Alla stampa di piombo ‘fuso’ si unisce oggi la tecnologia digitale. Il connubio è unico.

Non solo. Nella vecchia officina è nato The fab http://thefab.org/. Iscrivetevi alla newsletter e provate ad entrare nella rete che vi porterà a conoscere i nuovi imprenditori under trenta che popolano capannoni e scuole dismesse producendo ricchezza. In the fab gravitano varie start up sempre della manifattura ad alto contenuto di design (ve ne cito una che adoro perché ispirata a un film poco conosciuto di Audrey Hepburn: http://quelledue.com/). Ma per capire che mole ha la rete dovete fare un salto qui: http://www.benfatto.org/ (perché è lo stile e la bellezza che fa la differenza del nostro made in Italy) e soprattutto qui: http://www.uncomag.com/, perché la rete oggi è fondamentale. E anche la comunicazione.

Immagine

Per capire com’è nata l’idea, dovreste fare due chiacchiere con @alessiosartore, classe 1981, editore in partenza per Singapore per arricchire le sue competenze. Uncò Mag, dove «uncò» nel dialetto padovano significa «oggi», è una piattaforma-network di marketing e buone esperienze che dà senso al progetto di The Fab. Sottotitolo: «Cerchi lavoro? Leggi le storie di chi se n’è inventato uno». Il format nasce a febbraio di quest’anno e si propone come uno spazio aperto per far raccontare i diretti protagonisti, in forma di intervista (una al giorno), ai lettori che transitano sul portale grazie a social network e passaparola (ogni intervistato suggerisce l’interlocutore successivo). Le loro storie di successo (che coprono l’intera Italia) sono soprattutto artigianali e ad alto contenuto creativo-innovativo.

Colpiscono le foto e l’assenza di titolo (ogni imprenditore è caratterizzato da nome-cognome-località). Il tutto diventa un puzzle di casi da curiosare avidamente e assorbirne le ricette di buona impresa. Il format, rodato e forte di 3mila contatti Facebook raggiunti in soli tre mesi ora è pronto per essere esportato. Dove? «Ovunque il meccanismo di interviste sul lavoro e le passioni che han portato a scegliere un certo stile di vita possano aprire nuove strade». L’obiettivo? «Mostrare a chi non ha ancora scelto che esiste una via causale eppure casuale. Una strada» spiega Sartore.

Ascoltandolo m’è venuto da sfogliare un ‘vecchio’ e caro libro letto più di un anno fa. «Chi cade è stato in alto, il che dovevasi dimostrare, e chi mai fu così folle?» scriveva Eugenio Montale in Diario del ’71 e ’72. Citazione ripresa a distanza di quarant’anni da Mario Calabresi che, in piena crisi, decise in un libro di dare spazio e racconto a storie di dieci italiani che non hanno mai smesso di credere nel futuro. «Cosa tiene accese le stelle» titolava allora il direttore de La Stampa. E anche noi, adesso, abbiamo bisogno di «tenere accese le stelle». Come farlo, è una domanda a cui stanno provando a rispondere in molti. Queste sono alcune strade che (a me) sanno di buono.

@eleonoravallin – Copyright ©

CHI SONO

  • About
  • «Make» is the rallying cry in this land. Little talks, lots of hard work

Inserisci il tuo indirizzo email per seguire questo blog e ricevere notifiche di nuovi messaggi via e-mail.

Segui assieme ad altri 421 follower

Follow un altro nordest on WordPress.com

Cerca gli articoli

Cerca per argomento/brand

I più letti

  • Kering investe 5 milioni nel nuovo polo Saint Laurent a Vigonza
  • Vi presento Renzo Zengiaro: l'artigiano che fondò Bottega Veneta nel 1966
  • In un tabarro la magia del made in Venezia
  • Cafiero torna alle origini e reinventa il lusso. Obiettivo: Cina per Salce 197
  • Neon: un business retrò che vive d’arte ed export
  • In outlet o fabbrica: la mappa dello shopping low cost
  • Mariacristina Gribaudi: ritratto di una donna e di un nuovo modo di fare impresa
  • Il fenomeno-icona O bag pronto alla sfida Usa

Più cliccati

  • mattinopadova.gelocal.it/…
  • twitter.com/5184268738778…

Seguimi su Twitter

I miei Cinguettii

Blog che seguo

  • cucino per te
  • un altro nordest
  • Verona-bit
  • Culture digitali
  • andreagiacobino finanzadietrolequinte
  • Parole di Danza
  • Il mecenate d'anime
  • Questione di princìpi
  • noiseFromAmerika
Annunci

Blog su WordPress.com.

cucino per te

I'll cook and bake for you

un altro nordest

Non siamo più la terra di #Schei

Verona-bit

Non siamo più la terra di #Schei

Culture digitali

Non siamo più la terra di #Schei

andreagiacobino finanzadietrolequinte

finanza dietro le quinte

Parole di Danza

Il mecenate d'anime

Non siamo più la terra di #Schei

Questione di princìpi

Riflessioni e spunti per andare Oltre

noiseFromAmerika

Non siamo più la terra di #Schei

Annulla
Privacy e cookie: Questo sito utilizza cookie. Continuando a utilizzare questo sito web, si accetta l’utilizzo dei cookie.
Per ulteriori informazioni, anche sul controllo dei cookie, leggi qui: Informativa sui cookie